Patrimonio

La Gipsoteca “Giulio Monteverde” di Bistagno, aperta da 50 anni e recentemente rinnovata, è una delle cinque gipsoteche musealizzate del Piemonte (le altre sono Bistolfi a Casale Monferrato, Calandra a Savigliano, Della Vedova a Rima San Giuseppe e Troubetzkoy a Verbania).

Gipsoteca "Giulio Monteverde"

Giulio Monteverde (Bistagno 1837 – Roma 1917)

Nacque a Bistagno, un po’ per caso, da una famiglia che, all’epoca, risiedeva a Monastero Bormida. Compiuti i 9 anni, iniziò a Casale Monferrato il suo apprendistato come intagliatore, mestiere che lo portò prima ad Asti e poi a Genova.

Era quindi già un affermato professionista, quando, ventiduenne, iniziò a frequentare le lezioni di scultura dell’Accademia Ligustica: dopo un periodo di studi, medaglie e menzioni, si aggiudicò un perfezionamento a Roma. Qui – proprio negli anni dell’annessione al Regno d’Italia – avviò la sua brillante carriera: mai più se ne sarebbe allontanato.

Gli esordi furono con piccoli gruppi scultorei di stampo verista, aventi per modelli i suoi bambini; seguirono gli strepitosi successi del Colombo Giovinetto, del Genio di Franklin e dello Jenner che inocula il vaccino che ne consacrarono la fama internazionale e ne fecero un protagonista di punta della scultura italiana post-unitaria.

Molte le commissioni per monumenti pubblici in Italia e all’estero, dedicati a personaggi ai vertici della politica e della cultura del tempo: tanto per darne un’idea, del primo re d’Italia Vittorio Emanuele II, realizzò tre monumenti colossali, alcuni ritratti e gli apparati effimeri per le esequie al Pantheon, oltre a uno dei giganteschi gruppi in bronzo dorato alla base del Vittoriano.

Parallelamente ai successi artistici giunse anche – con la nomina a Senatore del Regno – un ruolo influente nella politica culturale di Roma e della nazione.

Con alcune sculture funerarie degli ultimi due decenni del XIX secolo, ancora oggi capaci di grande fascino, si rivelò anticipatore delle novità di gusto simbolista: di particolare fortuna l’Angelo per la famiglia Oneto del cimitero di Staglieno a Genova, di cui si contano centinaia di repliche non autografe nei cimiteri di tutto il mondo.

Alto e di bell’aspetto, con la sua capigliatura leonina, la folta barba e i grandi occhi azzurri, egli colpiva “la fantasia dei touristes e specialmente delle touristes” che andavano a visitarlo: il suo studio era in un elegante villino in piazza Indipendenza a Roma (ancora oggi ben riconoscibile grazie alla replica, sulla sommità, de Il Genio di Franklin) dove in due “magnifici saloni” si raccoglievano i numerosi modelli preparatori in gesso delle sue sculture.

Gipsoteca "Edoardo Rubino"

Edoardo Rubino (Torino 1871-1954)

Nato a Torino da una famiglia di modeste condizioni economiche, dopo aver frequentato le lezioni serali di plastica ornamentale dell’Accademia Albertina, venne ammesso ai corsi di scultura; nei primi anni Novanta dell’Ottocento iniziò a partecipare alle mostre della Società Promotrice delle Belle Arti e iniziò a distinguersi anche come illustratore.

I primi incarichi di rilievo arrivarono in concomitanza con le grandiose Esposizioni di carattere internazionale che, in quegli anni, facevano di Torino una capitale della cultura contemporanea. Per l’Esposizione generale italiana del 1898 realizzò alcuni gruppi scultorei della Fontana dei Mesi al Valentino (uno dei pochi elementi architettonici sopravvissuti delle strutture effimere entro le quali si organizzavano tali eventi), mentre per l’Esposizione Universale di Arte decorativa moderna che si tenne nel 1902, sempre al Valentino, modellò i gruppi colossali de La Pittura, La Scultura e La Danza che ornavano l’ingresso e la rotonda d’onore. Questo importante evento, durante il quale si ritrovarono a confronto i protagonisti dell’Art Nouveau internazionale, fu uno dei cardini della stagione italiana del Liberty.

Incominciò quindi per Rubino una serie ininterrotta di commissioni per prestigiosi monumenti, di incarichi e di onorificenze, a cui seguì anche un ruolo importante nella politica culturale cittadina e nazionale (nel 1933 verrà eletto Senatore del Regno), compresa la nomina – senza concorso – a titolare della cattedra di scultura e plastica della figura all’Accademia Albertina.

Autore di iconici monumenti cittadini – tra tutti ricordiamo il colossale Faro della Vittoria sul Colle della Maddalena, donato dal fondatore della FIAT Giovanni Agnelli, e il Monumento al Carabiniere presso i Giardini Reali – e di raffinati mausolei, fu anche richiestissimo ritrattista alla moda della Torino “bene” del tempo.

All’età di 45 anni trasferì casa e studio presso la palazzina di via Asti a Torino (ancora oggi ben individuabile all’angolo con via Cardinal Maurizio), costruita su progetto dell’architetto Pietro Fenoglio, uno dei più rilevanti interpreti del Liberty a Torino: qui si accumularono negli anni i numerosi modelli in gesso delle sue invenzioni statuarie.

Gipsoteca "Claudia Formica"

Claudia Formica (Nizza Monferrato 1903-Torino 1987)

Nata in una famiglia benestante di Nizza Monferrato (all’epoca nella provincia alessandrina) – accantonati gli studi da maestra seguiti presso la locale scuola salesiana – scelse di frequentare i corsi dell’Accademia Albertina di Torino.

Dopo alcuni soggiorni formativi a Firenze e a Parigi, esordì nel 1926 con un’eterogenea serie di opere scultoree variamente legate al territorio d’origine. Ma per poter costruire una carriera adeguata alle proprie aspettative, tornò a Torino per risiedere, quanto meno dalla seconda metà degli anni Venti, nel quartiere della Crocetta dove stabilì la propria casa-laboratorio in un basso fabbricato, tutt’oggi conservato, nell’interno cortile di via Marco Polo 25.

Tra le occasioni che spronarono il suo ritorno in città va annoverato l’ingaggio da parte della notissima Manifattura Lenci che cercava bravi scultori per la sua nuovissima linea ceramica.

Nell’ambiente artistico torinese trovò inoltre strumenti, spazi e aiuti necessari per affrontare, a soli 24 anni, una delle più prestigiose e impegnative committenze della sua vicenda artistica, ovvero il Monumento ai Caduti commissionato – in linea con una politica culturale allora in voga in tutta la nazione – dal paese di Incisa Scapaccino: la formatura dell’enorme modello in gesso avvenne sotto la supervisione di Emilio Musso ed Edoardo Rubino presso il laboratorio di corso Massimo d’Azeglio già appartenuto a Davide Calandra.

L’alternanza tra scultura di grandi e di piccole dimensioni continuò negli anni: tre le sue opere più significative si ricordano il monumento al Carabiniere attualmente alla caserma Cernaia di Torino, la Fontana della Giovinezza di Poirino, il monumento alla Resistenza di Rivoli, ma anche una serie di minuti gruppi di soggetto mariano e svariati ritratti, soprattutto infantili.

Partecipò a rilevanti eventi espositivi (oltre che a tutte le mostre regionali e interregionali del Sindacato Belle Arti fu più volte alla Biennale di Venezia), ricevette premi prestigiosi e alcune sue opere vennero acquisite da collezioni pubbliche.

Continuò a scolpire per tutta la vita e, con gli anni, il suo piccolo studio di via Marco Polo divenne stracolmo di gessi, bronzi e terrecotte.